L’eldorado di chef professionisti e partuculier –dicesi altrimenti principianti-. Solo chi pratica la cucina come missione e la vive come prezioso momento di tranquillità può comprendere la bellezza di questa boutique: Le Dehillerin. A Parigi, da quasi duecento anni, è lo specialista del materiale da cucina. All’epoca in cui aprì -era il 1820- esisteva ancora l’Impero Ottomano, Vittorio Emanuele II e l’economista/filosofo Friedrich Engels avevano poche settimane di vita. Torniamo alla nostra caverna di Alì Babà. Pensate ad un oggetto che possa esprimere la vostra creatività culinaria: qui c’è. Pentole, padelle e casseruole in rame, acciaio, alluminio e ghisa. Tortiere, stampi, coltelli, porcellane e bicchieri. Se amate ostriche, ormeaux –tartufo di mare- e lumache, ma avete seri problemi a manipolarle: qui troverete la soluzione ai vostri problemi. Prendetevi del tempo: considerate di passarci non meno di due ore. Ah dimenticavo: si trova al 18/20 di rue Coquillière. Non vi potete sbagliare: gli esterni della boutique sono verdi con la grande scritta DEHILLERIN in oro. C’è anche una seconda sede al 51 di rue Jean-Jacques rousseau: entrambi nel centro di Parigi. Del resto 200 anni fa Parigi non aveva le dimensioni di oggi.
Ogni giorno il tempo cambia a Parigi tante volte quanto le ore di un orologio. Vi svegliate e fuori c’è il sole. Fate colazione e le nuvole si fanno fitte fitte. Vi lavate e fuori piove che è un piacere. Uscite di casa per andare dove dovete andare e il sole fa capolino. Un’incognita indecifrabile anche con la collaborazione del sempiterno vento. Chi cambia umore a seconda del tempo avrà di che divertirsi. Quindi se venite a Parigi non dimenticate impermeabile, cappello e ombrello. Meglio scarpe con la suola in gomma: vi eviterà la sgradevole sensazione dei piedi bagnati.
(il primo -di tre piani- in cui è allestita la cucina del Ritz)
Impazzite per i vernissage e per la cucina? Siete innamorati di Parigi? Allora c’è un indirizzo che dovete assolutamente tenere a mente. 38 rue Cambon 75001 Paris: entrate, scendete al piano sotterraneo. L’arte applicata alla gastronomia si svelerà ai vostri occhi. È la cucina del Ritz e la sede della scuola d’Escoffier: fu lui a dare inizio alla nouvelle cuisine (vi racconterò la sua storia un’altra volta). Tre piani d'arte applicate all’accoglienza culinaria: attrezzature per panettieri e pasticcieri, sale per affumicare carni, salmoni e prosciutti. E poi… Un piano con ottanta postazioni artistiche per la felicità dei nostri occhi e dei nostri palati. Tanti infatti sono i cuochi che lavorano per i ristoranti del Ritz. Casseruole in rame e inox, cocotte, sbattitori, griglie, taglieri in massello, spatole, setacci, formine, coltelli. Se venite a Parigi con l’obiettivo di vivere la storia della Ville Lumière allora dovete trascorrere qualche ora in questa sala. Un'ora per provare sulla vostra pelle l’emozione di preparare una pietanza monitorati da un grande cuoco: Pause Ritz Dejeuner. Passare un giovedì sera cucinando il piatto francese che più vi incuriosisce: Autour de. Trascorrere un sabato mattina per definire e sperimentare il cenone di Natale: Samedi du Ritz. Con poche decine di euro tornerete a casa portando con voi un petit morceau –boccone- di Parigi.
(a sinistra lo chef Christian Constant con la sua équipe)
Ditemi che cucina amate e vi dirò in quale dei quattro ristoranti dello chef Constant andare. Christian ha creato un vero e proprio feudo nel settimo arrondissement di Parigi. I suoi locali si trovano al n°135,131,137,139 di rue Saint Dominique. Li visitiamo seguendo i consigli dello stesso cuoco. Iniziamo da Le Violon d’Ingres (n°135). È una brasserie di gran lusso con una grande vetrata per dar modo agli ospiti di osservare la ritualità dei gesti del maestro e dei suoi musici. Qui, in Francia, è denominato restaurant gastronomique: questo certifica la qualità, la creatività e il costo –elevato- delle proposte. Poco prima, al 131, si trova Fables de la Fontane, il ristorante di pesce e cruditées del patrimonio Costant. L’arte di elaborare i piatti è affidata ai due giovani chef, Sebastian Gravé e David Bottreau: figli di cucina dell’austero Cristian. Solo 22 coperti per uno spazio intimo e d’atmosfera fanno di Fables de la Fontaine un luogo molto frequentato. Prezzo medio 45 euro. Ma potrete sopportare meglio la coda –in tutti i giorni della settimana- con una coppa di champagne e qualche ostrica. Se proprio avete premura allora l’indirizzo giusto è al 137. Qui troverete Les Cocottes: uno spazio urbano in cui la velocità del servizio abbinata a piatti di forte contenuto gastronomico permettono ai consacrati del lavoro di poter gustare dei piatti succulenti in tempi molto ristretti. Nessuna prenotazione, qui si può mangiare a qualsiasi ora per consumare i freschi prodotti dei mercati. Onnipresenti a Parigi. Prezzi medio da 15 a 30 euro. Spesso si ha voglia di uscire la sera, magari dopocena. Ma dove andare? Il Cafe Constant è un ottimo compromesso: per chi vuole grignoter (sgranocchiare) qualche piccola delizia o fumarsi un sigaro in santa pace. Bersi un buon bicchiere di vino o gustarsi l’ultimo caffè della giornata. Quattro locali dallo spirito tipico parigino. Fantastique!
Terra di Bretagna: regione nel nord-ovest della Francia, un vasto promontorio che si spinge verso la Manica tuffandosi nell’oceano Atlantico. Un antico stato indipendente: qui è nato, è cresciuto e delizierà i palati -ancora per qualche settimana- lo chef Olivier Roellinger. 53 anni di passione per la cucina passati a viaggiare e a cucinare. La maniacale ricerca di nuove spezie da poter abbinare ai prodotti del suo oceano gli hanno valso –negli anni- le tre stelle della guida Michelin. La prima è arrivata nel 1984, a due anni dall’apertura della maison familiare de Bricourt. Nel 1988 arriva la seconda. 2006: sono passati diciotto anni prima di ottenere la terza. L’effetto Michelin è dirompente sul quotidiano menage di un ristorante e del suo capo cuoco: le banche ti stendono il tappeto rosso, le aziende alimentari si offrono per dare il tuo nome ad un nuovo prodotto, i concessionari ti mandano in prova gli ultimi modelli di SUV, i clienti affluiscono come formiche e i giornalisti ti inseriscono nelle classifiche dei ristoranti più trendy del momento. In attesa del più alto riconoscimento gastronomico Olievier Roellinger apre nella sua Bretagna un piccolo universo gourmand: la panetteria “Grain de Vanille”, la scuola di cucina “La cuisine corsare” e una drogheria “Entrepot et épices”. L’operosità dello chef di Cancale ha dà i suoi frutti anche nell’ospitalità: capanne sull’oceano, camere con vista sui parchi d'ostriche e un chateau degli anni ’20 con veduta su Mont Saint Michel. Ma pochi giorni fa –esattamente il 5 Novembre-, lo chef viaggiatore ha rinunciato alle sue stelle. Si è presentato da Jean-Luc Naret, il direttore della guida rossa, lo ha ringraziato per le tre stelle e infine ha spiegato il motivo della folle auto-privazione: la sua condizione fisica. Non non è più capace di sostenere due servizi al giorno. Finirà di cucinare per la –sua- maison Bricourt il 15 dicembre. Ma da febbraio 2009 Olivier e Jane, la moglie, riprenderanno l’attività al “Le Coquillage”: il ristorante di loro proprietà creato all’interno del Chateau Richeux presso il villaggio Saint-Mélor. Un nuovo cammino si sta prefigurando per l’accademico della cucina: forse più vicino al suo modo d’essere, più conviviale e umano.
(Conciergerie di Parigi - foto di Louis-Thibaud Chambon)
Parigi ore 18.06- Una mail del comune di Parigi mi avvisa che a partire dalle otto di sera fino a notte inoltrata tutta l’Ile-de-France è in allerta. Si attendono venti fino a 110 km orari e forti tempeste. Il sindaco chiede a tutti di essere prudenti: limitare gli spostamenti, prestare attenzione agli oggetti trasportati dal vento, ritirare piante e fiori dai balconi e dalle finestre. Non ho in programma di uscire e le mie piantine sono posizionate all’interno del balcone che dà sul parco Buttes Chaumont. “Che premuroso questo sindaco di Parigi” ho pensato. Arrivano le otto di sera, stavo preparando il risotto alle arance e carote. Si è alzato il vento, ha incominciato a piovere, ma tutto nella norma. È finito lo speciale Porta a Porta su Christian De Sica: è circa l’una di notte. Vado a letto. Scoppia il finimondo. Il vento è fortissimo e s’infila nel camino. Una pioggia tropicale s’infrange sui vetri. Un rumore così insistente che a fatica prendo sonno. È l’alba, il cielo è terso. Passano poche ore. Grandi nuvole nere appaiono sulla Rive Gauche. È ancora tutto nero. Parigi si prepara alla nuova tempesta. Così tutti i giorni.
69/100 (69 centesimi) questo è il voto che si merita Parigi o meglio: gli Champs-Elysées. La società di ricerche Présence ha infatti testato le 16 più belle vie commerciali del mondo. Parigi è arrivata ultima. Pulizia, ordine, chiarezza, accoglienza nel magazzino: sono molti i criteri che hanno determinato questo brutto risultato. Personale che non si interessa ai clienti e che non si scusa in seguito a lunghe attese. Commessi che litigano tra di loro; clienti importunati da mendicanti; scarse indicazioni sul quartiere: questi i risulti dell’inchiesta effettuata in cinquecento insegne dell’arteria parigina. Luogo che attira ogni giorno dai 300mila ai 800mila visitatori. Volete sapere chi ha vinto la gara? Rodeo Drive a Beverly Hills (84/100), Calle Serrano a Madrid (81/100), Bagdat Avenue a Istanbul (79/100). L’italia? n.n.
(la Demi-poupée, 1972 di Hans Bellmer. Scultura in legno dipinto, 120x40 cm)
Parigi Grand Palais. Dal 23 al 26 di ottobre si è svolta presso il Grand Palais di Parigi la fiera internazionale d’arte contemporanea (FIAC). Domenica mattina ore 9,50. Una fila chilometrica attendeva pazientemente l’apertura del museo commerciale che tanto ha fatto arrabbiare il quotidiano Le Monde: la pagina della cultura ha apertamente criticato le scelte della direzione artistica per aver preferito giovani artisti ai più sicuri vecchi della contemporaneità. A questo proposito cito un’intervista del 1970 di Bruno Munari: uno dei più famosi architetti e creativi italiani del 900.
“Come mai la nostra epoca dà simili opere d’arte? Una scatola trasparente piena di dentiere usate. Un manichino da vetrina verniciato di bianco. Una macchina che disegna scarabocchi. Un quadro fatto rovesciando il colore a caso. Un tubetto di dentifricio grande dodici metri. Un particolare di un fumetto ingrandito… Non sarà per caso lo specchio della nostra società? dove gli incompetenti stanno al posto di comando, dove l’imbroglio è normale, dove i rapporti umani sono falsi e dove la corruzione è regola.”
Mi sono posto la medesima questione passeggiando sotto le surreali arcate del Grand Palais. Mi ha lasciato basito “La demi-poupée” di Hans Bellmer, interdetto il “phol” di Gyan Panchal, annichilito il “Nord” di Vincent Beaurin oppure la “Foot Rest2” di Anthea Hamilton. Qual è la chiave di lettura di queste opere? Che significato hanno? Quale emozione dovrebbero far vibrare?