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lunedì 24 novembre 2008

La "Caverne" degli chef a Parigi


L’eldorado di chef professionisti e partuculier –dicesi altrimenti principianti-.
Solo chi pratica la cucina come missione e la vive come prezioso momento di tranquillità può comprendere la bellezza di questa boutique: Le Dehillerin. A Parigi, da quasi duecento anni, è lo specialista del materiale da cucina. All’epoca in cui aprì -era il 1820- esisteva ancora l’Impero Ottomano, Vittorio Emanuele II e l’economista/filosofo Friedrich Engels avevano poche settimane di vita.
Torniamo alla nostra caverna di Alì Babà. Pensate ad un oggetto che possa esprimere la vostra creatività culinaria: qui c’è. Pentole, padelle e casseruole in rame, acciaio, alluminio e ghisa. Tortiere, stampi, coltelli, porcellane e bicchieri. Se amate ostriche, ormeaux –tartufo di mare- e lumache, ma avete seri problemi a manipolarle: qui troverete la soluzione ai vostri problemi. Prendetevi del tempo: considerate di passarci non meno di due ore.
Ah dimenticavo: si trova al 18/20 di rue Coquillière. Non vi potete sbagliare: gli esterni della boutique sono verdi con la grande scritta DEHILLERIN in oro. C’è anche una seconda sede al 51 di rue Jean-Jacques rousseau: entrambi nel centro di Parigi. Del resto 200 anni fa Parigi non aveva le dimensioni di oggi.

giovedì 20 novembre 2008

Vivere Parigi: una lezione di alta cucina al Ritz


(il primo -di tre piani- in cui è allestita la cucina del Ritz)


Impazzite per i vernissage e per la cucina? Siete innamorati di Parigi? Allora c’è un indirizzo che dovete assolutamente tenere a mente. 38 rue Cambon 75001 Paris: entrate, scendete al piano sotterraneo. L’arte applicata alla gastronomia si svelerà ai vostri occhi. È la cucina del Ritz e la sede della scuola d’Escoffier: fu lui a dare inizio alla nouvelle cuisine (vi racconterò la sua storia un’altra volta). Tre piani d'arte applicate all’accoglienza culinaria: attrezzature per panettieri e pasticcieri, sale per affumicare carni, salmoni e prosciutti. E poi… Un piano con ottanta postazioni artistiche per la felicità dei nostri occhi e dei nostri palati. Tanti infatti sono i cuochi che lavorano per i ristoranti del Ritz. Casseruole in rame e inox, cocotte, sbattitori, griglie, taglieri in massello, spatole, setacci, formine, coltelli. Se venite a Parigi con l’obiettivo di vivere la storia della Ville Lumière allora dovete trascorrere qualche ora in questa sala. Un'ora per provare sulla vostra pelle l’emozione di preparare una pietanza monitorati da un grande cuoco: Pause Ritz Dejeuner. Passare un giovedì sera cucinando il piatto francese che più vi incuriosisce: Autour de. Trascorrere un sabato mattina per definire e sperimentare il cenone di Natale: Samedi du Ritz. Con poche decine di euro tornerete a casa portando con voi un petit morceau –boccone- di Parigi.

martedì 18 novembre 2008

A Parigi: il feudo gastronomico di Constant

(a sinistra lo chef Christian Constant con la sua équipe)

Ditemi che cucina amate e vi dirò in quale dei quattro ristoranti dello chef Constant andare. Christian ha creato un vero e proprio feudo nel settimo arrondissement di Parigi. I suoi locali si trovano al n°135,131,137,139 di rue Saint Dominique. Li visitiamo seguendo i consigli dello stesso cuoco. Iniziamo da Le Violon d’Ingres (n°135). È una brasserie di gran lusso con una grande vetrata per dar modo agli ospiti di osservare la ritualità dei gesti del maestro e dei suoi musici. Qui, in Francia, è denominato restaurant gastronomique: questo certifica la qualità, la creatività e il costo –elevato- delle proposte.
Poco prima, al 131, si trova Fables de la Fontane, il ristorante di pesce e cruditées del patrimonio Costant. L’arte di elaborare i piatti è affidata ai due giovani chef, Sebastian Gravé e David Bottreau: figli di cucina dell’austero Cristian. Solo 22 coperti per uno spazio intimo e d’atmosfera fanno di Fables de la Fontaine un luogo molto frequentato. Prezzo medio 45 euro. Ma potrete sopportare meglio la coda –in tutti i giorni della settimana- con una coppa di champagne e qualche ostrica.
Se proprio avete premura allora l’indirizzo giusto è al 137. Qui troverete Les Cocottes: uno spazio urbano in cui la velocità del servizio abbinata a piatti di forte contenuto gastronomico permettono ai consacrati del lavoro di poter gustare dei piatti succulenti in tempi molto ristretti. Nessuna prenotazione, qui si può mangiare a qualsiasi ora per consumare i freschi prodotti dei mercati. Onnipresenti a Parigi. Prezzi medio da 15 a 30 euro. Spesso si ha voglia di uscire la sera, magari dopocena. Ma dove andare? Il Cafe Constant è un ottimo compromesso: per chi vuole grignoter (sgranocchiare) qualche piccola delizia o fumarsi un sigaro in santa pace. Bersi un buon bicchiere di vino o gustarsi l’ultimo caffè della giornata. Quattro locali dallo spirito tipico parigino. Fantastique!

lunedì 17 novembre 2008

Olivier Roellinger rinuncia alle 3 stelle Michelin


Terra di Bretagna: regione nel nord-ovest della Francia, un vasto promontorio che si spinge verso la Manica tuffandosi nell’oceano Atlantico. Un antico stato indipendente: qui è nato, è cresciuto e delizierà i palati -ancora per qualche settimana- lo chef Olivier Roellinger. 53 anni di passione per la cucina passati a viaggiare e a cucinare. La maniacale ricerca di nuove spezie da poter abbinare ai prodotti del suo oceano gli hanno valso –negli anni- le tre stelle della guida Michelin. La prima è arrivata nel 1984, a due anni dall’apertura della maison familiare de Bricourt. Nel 1988 arriva la seconda. 2006: sono passati diciotto anni prima di ottenere la terza. L’effetto Michelin è dirompente sul quotidiano menage di un ristorante e del suo capo cuoco: le banche ti stendono il tappeto rosso, le aziende alimentari si offrono per dare il tuo nome ad un nuovo prodotto, i concessionari ti mandano in prova gli ultimi modelli di SUV, i clienti affluiscono come formiche e i giornalisti ti inseriscono nelle classifiche dei ristoranti più trendy del momento.
In attesa del più alto riconoscimento gastronomico Olievier Roellinger apre nella sua Bretagna un piccolo universo gourmand: la panetteria “Grain de Vanille”, la scuola di cucina “La cuisine corsare” e una drogheria “Entrepot et épices”. L’operosità dello chef di Cancale ha dà i suoi frutti anche nell’ospitalità: capanne sull’oceano, camere con vista sui parchi d'ostriche e un chateau degli anni ’20 con veduta su Mont Saint Michel.
Ma pochi giorni fa –esattamente il 5 Novembre-, lo chef viaggiatore ha rinunciato alle sue stelle. Si è presentato da Jean-Luc Naret, il direttore della guida rossa, lo ha ringraziato per le tre stelle e infine ha spiegato il motivo della folle auto-privazione: la sua condizione fisica. Non non è più capace di sostenere due servizi al giorno. Finirà di cucinare per la –sua- maison Bricourt il 15 dicembre. Ma da febbraio 2009 Olivier e Jane, la moglie, riprenderanno l’attività al “Le Coquillage”: il ristorante di loro proprietà creato all’interno del Chateau Richeux presso il villaggio Saint-Mélor. Un nuovo cammino si sta prefigurando per l’accademico della cucina: forse più vicino al suo modo d’essere, più conviviale e umano.

mercoledì 17 settembre 2008

Il Café de la Paix mette gli occhiali


Sotto il cappello di Paris Capitale de la Création (Parigi Capitale della Creazione), progetto che riunisce in una trentina di Happening a cadenza annuale i professionisti della moda e dell’arredamento, Frank Boclet (nella foto), direttore artistico di Ungano Uomo ha dato forma, almeno nell'idea, al suo primo dessert. Battezzato Lunettes Noires (Occhiali neri), il dessert si ispira ai mitici occhiali d’aviatore Ray Ban, feticcio dello stesso stilista che si dichiara appassionato collezionista degli emblematici accessori dell’universo delle rock-star holliwoodiane. Due lenti di mousse al cioccolato nero Santo Domingo su una mousse di menta verde con base di biscotto al cioccolato. La passione dello stilista per gli After Eight è stata sapientemente racchiusa in questo dessert da Laurent Delarbre, chef del Café de la Paix e dal suo chef-pâtissier Guillaume Caron. I più golosi potranno però saziare la propria curiosità fino al 15 di gennaio.

Café de la Paix, Place de l’Opéra, Parigi IXème
Tel: 01 40 07 36 36 Pasticceria Lunettes Noires
in edizione limitata fino al 15 Gennaio 2009.
Costo 15 euro

lunedì 1 settembre 2008

Cinquanta milioni di pasti: Le Bouillon Chartier



Una corte lunga e stretta percorsa da due lunghi tappeti rossi quasi ad evidenziare l’importanza delle persone che prima o poi passeranno (questo è un postulato), una corda dorata per separare l’ingresso dall’uscita, una piccola insegna molto luminosa che copre una seconda insegna molto più datata; un cartello che gentilmente chiede alle persone in sosta di tenere un tono della voce moderato: così si presenta agli osservatori il dehors del Ristorante Charter o meglio del Bouillon Chartier: il nome del ristorante deriva dal brodo di carne e verdure che si consumava, agli inizi, sullo stesso bancone. Al tempo era probabilmente considerato il prodromo del pasto veloce che ha conquistato le nostre abitudini alimentari del pranzo. Aperto nel 1896 dai due fratelli Chartier ha saputo attraversare 3 secoli cambiando solo 4 proprietari rimanendo intatto così com’era. Prima delle otto non c’è coda, certo, escludendo i fine settimana. All’ingresso un uomo non molto alto, dalla corporatura bretone e ben vestito (forse era il caso di mettere la cravatta) ti affida alle cure di un cameriere in rondin: camicia bianca, papillon, gilet nero a sei tasche, lungo grembiule bianco e una spilla con un numero. Ci sono giovanotti in cravatta con la propria femme, signorotti dall’aspetto meno formale con i nipotini, gruppi di turisti asiatici con traduttore digitale alla mano. In questo ristorante formalismo e relax convivono come micromondi complementari. Un compendio delle stile retrò: pavimento in cemento verniciato, tovaglie a quadretti bianchi e rossi su tavoli di marmo e gambe in ferro battuto, scaffalature in tubi d'ottone per appoggiare abiti e acquisti, affiche d’epoca, dipinti bucolici, grandi vetrate a quadrettoni, soffitto altissimo fatto d’un immenso solario opaco da cui scendono decine di pale per muovere l’aria. Osservando imbambolato le decorazioni non posso fare a meno di stupirmi davanti al logo del ristorante: due C maiuscole riflesse e incrociate. Si, proprio come il logo di Chanel. Ma il ristorante è stato aperto tredici anni prima dell’iniziativa imprenditoriale di Gabrielle Bonheur Chanel, detta Coco dai suoi amici. Chissà come stanno le cose. Sentirò l’addetto stampa della maison per avere spiegazioni in merito!
Mentre osservo tutta questa meraviglia, mi accomodo al fianco di due ragazze coreane. Curiose di capire cosa le aspetta, tradurranno tutto il menù. Inizieranno ad ordinare quando io avrò terminato da una buona mezzora. Il servizio è rapidissimo: leggi il menù rosso della giornata, ordini i piatti che più ti ispirano (oppure ti affidi alla scelta quotidiana dello chef a 19 euro), il cameriere scrive l’ordine sulla tovaglia (è di carta!) e attendi non più di 6 o 7 minuti. Ordini il caffè, qui non è male, e poi chiedi il conto. Il cameriere si avvicina, scrive al fianco delle portate il relativo costo, effettua tutte le addizioni del caso (sempre sulla tovaglia) e voilà il conto è pronto. Si può pagare con la carta di credito. A costo di sembrare banale, qualunquista e mediocre nel raccontare lo spirito di questo locale mi sento di dire che al Bouillon Chartier entri da turista ed esci parigino. Dimenticavo, prendete le Cotes d'agneau grillees frites a 10,80 euro. Io non le ho provate ma l’aspetto era super.

Bouillon Chartier, Restaurant depuis 1896
7 rue du Faubourg Montmartre
75009 Paris
T 01.47.70.86.29
Servizio continuo dalle 11,30h alle 22h
www.restaurant-chartier.com

venerdì 27 giugno 2008

Quando il ristorante di quartiere non vuol dire qualità.


Mangiar bene nel 19 arrondissement di Parigi non è cosa facile. Attorno ad uno dei più grandi parchi della Ville, il parco Buttes-Chaumont, è difficile trovare ristoranti degni del loro nome. Sarà perché le “deliziose collinette verdi, i laghetti, e i sentieri creati per il piacere dei sudditi di Napoleone III” non ispirano gli chef francesi. Sarà forse perché il parco era stato creato “per far dimenticare che su uno dei monticelli un tempo c’era la forca per i condannati a morte”? La cucina nel complesso non è malvagia, ma forse ci vorrebbe qualche cuoco in più e decisamente maggiori competenze. Perdonatemi, non ho analizzato la procedura per ottenere la licenza francese di ristorazione, ma parte dei ristoranti da me visitati dovrebbero chiamarsi in ben altra maniera. Design a parte, fortunatamente in alcuni è l’unico punto a favore come nel caso del Mon Oncle al 2 di rue Pradier, la maestria della cucina francese è totalmente assente. Posate non lavate, questo è il caso del Chapeau Melon al 92 di rue Rébéval, camerieri impacciati o peggio scostanti, cuochi che assaggiano la zuppa con il mestolo che usano per servire le portate. E' vero, lo fanno in molti… ma almeno il Sig Olivier Camus (cuoco-proprietario del Chapeau Melon) dovrebbe chiudere le porte della cucina. E mi raccomando, telefonate prima di recarvi e comunque non presentatevi dopo le 21,30 di sera altrimenti rimarrete a bocca asciutta. Sono andato al ristorante Zoé Bouillon per ben tre volte e non sono mai riuscito a sedermi a tavola: troppo tardi, carenza di personale, pietanze terminate. No Comment. Vero è che si tratta di ristoranti di quartiere, ma questo non li può esimere dal garantire quello che gli uomini di marketing identificano con le caratteristiche igieniche del prodotto/servizio: pulizia, prodotti di qualità, accoglienza.
Si salva senza dubbio, anzi svetta senza eguali, il bristrot Il Faitout (nella foto), in avenue Simon Bolivar. Stile art decò, personale gentile, cuochi estrosi che propongono quotidianamente piatti nuovi e freschi. Andateci anche solo per il caffè. Ecco quello non è paragonabile a quello che vi potrebbe preparare anche il peggiore dei bar italiani, ma con l’aggiunta dello sciroppo Manin prende tutto un’altra poesia.
Prima di concludere il mondo della ristorazione del 19° dovrei parlarvi del ristorante Papillon Puebla del nostro chef italiano Vincenzo Cozzoli. È il ristorante credo più calmo di Parigi dato che si trova all’interno del Parco. Non ho ancora avuto piacere di sedermi alla sua terrazza, ma sono sinceramente sconvolto dal parco macchine del suo guardiano. La sera, quando rientro a casa, lo vedo sempre con una vettura differente: Mercedes, BMW X5, Jaguard, Porche, ecc.
Cercasi disperatamente ristorante!!!

sabato 10 maggio 2008

Oh! Chapeau – restaurant Coréen à Paris


Dopo quasi una settimana d'evangelizzazione sulla bontà e leggerezza della cucina coreana ho messo piede al ristorante coreano Oh! Chapeau di Parigi. Al 4 di rue Petit Moine, una traversa della più vivace Avenue des Gobelins, il ristorante sembra appena uscito da una rivista degli anni 60. Ambiente minimalista, originale, arredamento molliniano (vedi style di Carlo Mollino), macchina del caffè e macinato Illy, affiche sponsorizzate dall’ente del turismo coreano, il tutto opacizzato da una flebile musica lirica. Nell’insieme non è un posto in cui ci porterei clienti o potenziali fidanzatine, a meno di volerle scaricare, ma per un pranzo veloce il ristoro è più che decoroso. Abbiamo ordinato, io e la persona che era con me, due porzioni di raviolis grillés e crepe coréenne, un BULGOGI e un DOLSOTBIBIMBAP. Fatemi spiegare meglio i piatti. I ravioli sono né più né meno di quelli che si possono mangiare in un ristorante cinese, mentre le crepe coreane sono una sorta di polpette di patate e verdure. Poco dopo questi due antipasti il proprietario del locale, catapultato anche lui dagli anni 60, arriva con una sorta di mini braciere a gas, il tanto nominato barbecue coréen. Tanto nominato dall’evangelista che mi ha perseguitato una settimana raccontandomi le prodezze della cucina coreana. Torniamo al barbecue. Sulla piastra in ghisa viene disposta la carne di vitello tagliuzzata finemente come carne trita. Terminata la cottura, la carne viene intinta in una salsa di soia speciale e mangiata insieme al riso bollito. Di contorno cavolo e cetriolo piccante, germogli di soia, e altre verdure coreane a me sconosciute. Una pietanza gustosa e leggera che pero sconsiglio nel caso abbiate trai commensali, persone che non amano la vista della carne cruda e sanguinolenta. Di tutt’altro aspetto il dolsotbibimbap. Una marmitta rovente (provato con mano) contenente riso, verdure, funghi, carne trita (cotta) decorata con un tuorlo d’uovo crudo nel centro. Appena viene servita bisogna prendere il cucchiaio e con destrezza amalgamare bene tutti gli ingredienti e condire a piacimento con la salsa di soia. L’aspetto non è dei migliori ma il sapore è decisamente delicato. Anche questa volta avendo visto il cartello Illy mi sono fatto prendere dalla mia italianità ordinando un caffè. Avrei dovuto accontentarmi del buonissimo the verde coreano servito insieme alle portate.
Locale da provare, a pranzo, come ottima alternativa ad un bistrot o ad un fast food. Si spende poco e si mangia discretamente.

Menu da 19 euro
The verde 3 euro
Caffè Illy 2,50 euro
Totale 43,50 euro

4, rue du Petit Moine, 75005 Paris (metro linea 7, Les Gobelins)

martedì 1 aprile 2008

L'Alivi, ristorante corso a Parigi


Al 27 di Rue du Roi de Sicilie nel 4 arrondissement di Parigi si trova L’alivi, ristorante corso, intriso fin nelle viscere della propria tradizione culturale e gastronomica. Piatti tipici dei natali napoleonici caratterizzati da salumi, cinghiale, polenta, mirto e buon olio di oliva da cui appunto il ristorante trae il proprio nome.
L’ambiente è rustico con colori caldi e imponenti pareti in tufo. Grandi specchi riflettono le luci dei 16 tavolini e camerieri in nera livrea, a volte un po’ distratti, servono con gentilezza i piatti accompagnati dalla musica dei Filetta voix corser.
Abbiamo preso nell’ordine una Assiette de charcuterie corse artisanale tagliata un po’ troppo spessa, un civet de sanglier aux carottes e un saute de veau su di un piatto di tagliatelle. Entrambi molto insipidi. Peccato perché la qualità della carne di cinghiale e di vitello era notevole e molto magra. Abbiamo preso anche un calice di Niellucciu, il rosso della casa servito a giusta temperatura.
Seguono, dopo 35 minuti di attesa, una crème brulée agli aromi corsi e un moelleux al cioccolato a castagne troppo cotto.

Ecco i prezzi:
piatto di salumi misti corsi 15 euro
spezzatino di vitello e tagliatelle 18 euro
spezzatino di cinghiale e tagliatelle 22 euro
moelleux al cioccolato e castagne 8,50 euro
creme brulèe euro 8
calice di Niellucciu euro 5

totale 76,50 euro

dimenticavo: ambiente silenzioso e bagno pulito


27, rue du Roi de Sicilie
75004 Paris
T. 01.48 87 90 20
www.restaurant-alivi.com

mercoledì 5 marzo 2008

A Parigi il caviale è... lento


Piccole sfere di bianco perlaceo, lisce come la seta, turgide come le labbra di una giovane amante, preziose per infinitesima quantità. Un astuccio dorato le racchiude e un’etichetta lilla dall’inequivocabile spirale ne svela il contenuto: sono le uova della Hélix Aspersa Maxima. In Francia le chiamano “Caviar d’escargot”.
Fino a tre anni fa, delle Gros Gris, le più apprezzate fra le lumache della cucina della Borgogna, se ne godevano solo le carni, ma l’intuizione di Mme Dominique Pierru offre oggi agli chef francesi, la possibilità di far apprezzare la grandiosità della loro haute cuisine con un nuovo e curioso prodotto.
Le lumache vengono allevate con grande cura. L’ambiente è controllato minuziosamente sia nella scelta della vegetazione che nel livello di umidità e di tanto in tanto l’alimentazione della regina viene arricchita con ricercate miscele di cereali.
4 grammi; questa è la quantità che ogni singola lumaca depone una volta all’anno. Per produrre quindi un chilogrammo di caviale occorrono le uova di circa 260 lumache.
Offrire il massimo della qualità. Questo è ciò che spinge gli addetti della De Jaeger a raccogliere con meticolosa pazienza una ad una le uova; a lavarle e sottoporle a ben tre selezioni prima di passare alla salatura.
La salamoia è preparata con fior di sale de la Guérande, località francese nella regione dei Paesi della Loira, essenza di rosmarino e una spruzzata di limone in maniera tale da rendere il caviale consistente al palato e di una freschezza degna dei piatti più esclusivi.
La fase successiva prevede il confezionamento in astucci metallici, da 50 a 1000 grammi, sotto vuoto al riparo dalla luce e alla temperatura di 4°c. Il caviale si conserva per tre mesi dalla data di produzione anche se recenti studi dell’equipe di ricerca prevedono una conservazione del prodotto per almeno 6 mesi.
La selezione delle boutique gastronomiche in cui trovare questa prelibatezza segue i severi principi utilizzati per la lavorazione del prodotto. Ad oggi infatti si sono aggiudicati l’esclusività della distribuzione Galeries Lafayette Gourmet e Faye di Parigi. Sempre Parigi con i ristoranti “Au comte de Gascogne” e “Escargot Montorgueil” è la sola ad offrire ai clienti più eccentrici ed innovatori del gusto l’opportunità di assaporare le perle del caviale di campagna.
Chiudete gli occhi, assaporate una piccola quantità di caviale. Premete le uova con la lingua contro al palato, apprezzatene la consistenza. Adesso premete più forte, alla rottura delle uova si sprigionerà la sensazione di un ballo in una foresta subito dopo la pioggia, aroma di funghi e di foglie di quercia. Un sapore sottile, che si concede a lungo alla bocca nel pieno della sua dolcezza a soddisfare la creatività dei più esigenti.
L’immaginazione degli chef trova con il caviale d’escargot De Jaeger nuove risorse d’ispirazione.

mercoledì 27 febbraio 2008

A casa propria nel cuore di Parigi


All’ingresso, sul primo tavolino che trovate alla vostra sinistra siede una coppia di distinti signori. Sono Marieange e René Rocher i titolari da più di 25 anni del Gaspard de la nuit. Un bistrot molto accogliente da una quarantina di posti al massimo risalente alla fine del XIX secolo. Consiglio a chi è italiano all’estero di seguire queste due semplici regole nella scelta di cosa nutrirsi: scegliere pietanze tipiche del territorio che ci ospita, non facciamo sempre i provinciali; optiamo per nuove leccornie che, in quanto nuove, non ci hanno mai cucinato, non mettiamo in competizione lo chef con mammà. Tanto sappiamo già chi sarà il vincitore, anzi la vincitrice.
Cette fois, pardon, questa volta ho scelto un «magret de canard aux raisins et aux poires avec jus d’epices au chocolat» al costo di 26 euro. Ne è valsa davvero la pena. Una carne d'anitra ancora rosé accompagnata da acini d’uva e fettine di pera appassite in una salsa di spezie e cioccolato. Il tutto accompagnato dalle immancabili patate bollite con buccia e saltate qualche minuto in padella con una noce di burro.
Davvero soddisfacente. Un bicchiere di vino a 11 euro un caffè all’italiana, anzi alla napoletana, era infatti molto concentrato per 4,50.
È un bistrot che ha decisamente i suoi costi, ma se non volete il classico locale per turisti di cui Parigi è inflazionata questo fa sicuramente al caso vostro. Luci soffuse, vecchie affichés teatrali ai muri, un grande specchio, un bancone bar risalente alla fine dell’ottocento e un arazzo di vita campestre fanno da cornice alla irrequieta simpatia dei signori Rocher. Mi ha impressionato l’attenzione e la cura che il cameriere ci ha riservato; davvero un professionista.

Bistrot Gaspard dela nuit
6, rue des Tournelles
75004 Paris
+33.(0)1.42779053
www.legaspard.com

mercoledì 20 febbraio 2008

La vittoria suprema del cuore a Parigi


No, non è il titolo di un film strappalacrime... è il nome di un ristorante vegetariano nel cuore del Marais, il quartiere super branché nel cuore del 4°arrondissement di Parigi. Domenica, dopo la tradizionale "grasse matinée" parigina (leggasi sveglia alle 11,30), ci siamo tuffati nella mischia per cercare un locale in cui assaporare con tutta la calma di un giorno festivo, un buon brunch. Ma ovviamente a quell'ora, erano ormai diventate le 14,30 tutti i ristò erano colmi e stracolmi di giovinotti affamati. Dopo aver fatto visita a quelli in cui tradizionalmente si va per il brunch della domenica ci siamo soffermati su questo nuovo, almeno per noi, ristorante vegetariano. In realtà lo abbiamo scoperto solo una volta entrati. Ma ormai avevamo già il menù in mano. L'ambiente, però, era davvero confortevole, il personale simpatico, esperienza che mai avevamo vissuto la domenica e quindi abbiamo dato via alla comanda. Una crepe con pollo vegetale, fagiolini, pomodorini e una torta salata con tofu e melanzane. Da bere un succo arancia e ginger naturale e un altro arancia e carote. Sul tavolo del buffet, poi, l'imbarazzo della scelta. Scelta sempre e solo vegetariana. Terrina di funghi e marmellata di cipolle, crudité di stagione con fichi, melanzane grigliate con tofu, toast con formaggio di capra, zuppa al curry, ecc. Nedyalho, lo chef anglo-indiano del ristorante non si è certo risparmiato. La cosa davvero buffa è stato osservare l'atteggiamento di chi come noi è entrato nel locale credendo di trovare il classico brunch casher del Marais ed invece si è imbattuto in un ambiente diverso, estremamente rilassante e conviviale. Dimenticavo i dolci... Una squisitezza! Io ho fatto il quintis: torta al cioccolato con pinoli, torta alle mele, torta tipo apple-crumble ma con i lamponi, crema di cioccolato e crema di vaniglia. Infinito!
Il brunch della domenica è a prezzo fisso
25 euro a testa. Comprende una bevanda fredda, una calda, una portata a scelta, buffet salato e di dolci a volontà. Proprio bravi!

La Victoire Supreme du Coeur
27-31 Rue du Bourg Tibourg

75004 Paris
www.vscoeur.com

martedì 22 gennaio 2008

Trattoria Gran Sasso a Parigi


Siete a Parigi da giorni, settimane, mesi e vi manca uno spaghetto fatto bene?
E' stata una dura giornata e avete il morale sotto ai piedi?
Vi mancano papà e mammà? L'ho scritto appositamente con la "à" accentata, rende più l'idea.
Fate sosta da
Rosanna e Pietro alla trattoria Gran Sasso di rue Jacques Louvel-Tessier nel 10°e vi sentirete bene come a casa vostra... quella in Italia intendo. Questa sera dopo la sfilata del couturier Eymeric Francois al Westin Hotel di rue de Castiglioni (tra Place Vendome e les Jardin des Tuileries), proprio non avevamo voglia di cucinare e ci siamo messi senza troppo entusiasmo alla ricerca di un ristorante. Giusto per mangiare qualcosa, la stanchezza accumulata in questi giorni di défile accodati al duro lavoro è molta e sarebbe andato bene qualunque posto.
Ed invece! Mamma mia... Questa volta è stato davvero il caso, il fato, chiamatelo come volete, ma questa trattoria è davvero un posto unico in cui ci si sente subito a proprio agio. Ecco, è come un oasi per chi cammina
da alcuni giorni nel deserto senza acqua . Grazie anche a Pietro che con il suo Buonasera ti accoglie a braccia aperte, qualunque lingua uno parli.
Questa sera abbiamo ordinato una
Pizza Napoletana ed una Regina. Sottolineo questa sera perché ci ritorneremo prestissimo. Erano a dir poco fantastiche, strepitose ma soprattutto sapevano di pizza e chi abita a Parigi sa che cosa intendo. Unico neo è il forno elettrico, ma ve lo garantisco il sapore era incantevole. Facendo un po' di domande (questo è anche il mio lavoro) ho scoperto che i salumi e i latticini Rosanna e marito li comprano in un negozietto di rue Saint Maur (vicino alla fermata Goncourt) di proprietà di un consorzio italiano. Non mi hanno detto il nome della bottega e neanche il numero civico, ma la rue non è molto lunga.
Anche il caffé era giusto, ne troppo corto ne troppo lungo servito in una tazzina bollente. Tutto perfetto. Non vi aspettate un ambiente glamour, cool, super trendy... qui si mangia mica si sfila!

Dimenticavo il conto:
- pizza Napoletana 10 euro
- pizza Regina (con funghi e prosciutto) 10 euro
- 2 caffè 3,60 euro
- 1 l acqua S. Benedetto 7 euro

totale 30.60 euro

Cooperativa Latte Cisternino 108 rue saint maur.
Esistono varie sedi:
http://www.cooplattecisternino.it/parigi.htm

Trattoria Gran Sasso
13, rue Jacques Louvel-Tessier
75010 Paris - Metro Goncourt
T. 01.42.45.70.79

venerdì 18 gennaio 2008

Café des Beaux Arts Paris... meglio evitare


Cos’è più importante per un bistrot? Il suo design? Il suo servizio? La cucina?
Il Café des Beaux Arts al 7 di Quai Malaquais a Parigi (si trova nel VI arrondissement vicino al museo d’Orsey) pecca sicuramente per gli ultimi due. Un cameriere particolarmente asettico e senza spirito accompagnato da due pietanze dall’aspetto gradevole ma dalla mancanza totale di sapore! In compenso il locale ha un design davvero accogliente. Lampadari rossi, grandi specchi retrò, un imponente bancone in marmo rifinito in ottone e autentiche affiches pubblicitarie di liquori francesi della seconda metà del 900. Non dimentichiamo la fantastica vista sulla rive gauche del I arrondissement. Bello salato invece è stato il conto per rapporto alla qualità del cibo!

Controllate qui lo scontrino…
- 1 pavé de saumon 15 euro
- 1 confit canard 16 euro
- 1 verre bourgueil 4 euro
- 1 salade de fruits 6 euro
- 1 cafe express 2,40 euro

Totale 43,40 euro

venerdì 11 gennaio 2008

Koba, il sushi restaurant de l'Opera de Paris


Koba suhi restaurant

3 niguiri, 2 crevette beignet, 1 california maki, 1 yakitori, 1 missoshiru, 2 the vert, 3 cafè per 97 euro.

Questo è quello che ho speso con tre amiche da Koba, ristorante giapponese boemienne a due passi dalla scintillante Opera di Parigi in Rue de la Michodiere nel 2°arrondissement.

Il numero dei ristoranti giapponesi in cui si può assaggiare del buon sushi è tanto alto quanto il numero delle costellazioni dell’universo, soprattutto nel quartiere adiacente l’Opera dove si possono trovare oltre a ristoranti anche negozi di abbigliamento, librerie, centri estetici giapponesi; ma… ma Koba è fuori dagli schemi come il suo proprietario nonché cuoco da cui, poi deriva anche il nome del ristorante.

È il luogo ideale per prendersi un break da una dura mattinata di lavoro, per un primo incontro, per un pranzo frugale e paradossalmente per sentirsi a casa.

Poche cerimonie e molta sostanza nei piatti della “Cantine du sushi” parisienne; elaborati semplici, sostanziosi e nel contempo leggeri in uno scenario molto... molto spartano (almeno per i miei gusti) serviti dallo splendido sorriso di Sylvie alias Gao Ming Qiao (in effetti è più facile il nome francese).

Ma veniamo a Tang Bounthy, Koba per tutti; un ometto non più alto di 1 metro e sessanta con così tanta energia da riempire il locale della sua presenza. Lui non ti saluta, lui urla il tuo nome; lui non ti ringrazia quando esci, lui ti sorride tanto da metterti di buon umore anche se la tua giornata è stata pessima; lui non prepara sushi, lui danza tra i coltelli. È un posto assolutamente da non perdere per comprendere ed apprezzare la brezza cosmopolita parigina.

Dimenticavo, è chiuso la domenica a pranzo; non chiamate per prenotare… tanto non se lo segna! anche se ultimamente...

Koba, 7 Rue de la Michodiere 75002
T el 01 47 42 16 58